Sapevi che il fotovoltaico a terra rappresenta una delle soluzioni più promettenti per accelerare la transizione energetica verso le fonti rinnovabili?
I parchi fotovoltaici su suolo, infatti, riescono a massimizzare la produzione di energia pulita per due motivi:
- prima di tutto, per le dimensioni, perché si estendono su ampie superfici di terreno;
- inoltre, sono progettati fin dall’inizio con il migliore orientamento e l’inclinazione più efficiente dei pannelli.
Il fotovoltaico a terra, quindi, si sta affermando come tecnologia fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall'Unione Europea. Nel 2024 il 70% degli impianti fotovoltaici in funzione nel nostro continente era residenziale e di piccole dimensioni, il restante 30% apparteneva ai campi fotovoltaici. Ma la percentuale di questi ultimi, definiti anche utility scale, è destinata a crescere. L’Italia, in particolare, che ha un territorio caratterizzato da elevati livelli di irraggiamento solare, presenta condizioni ideali per lo sviluppo di impianti fotovoltaici di grandi dimensioni.
Tuttavia, la realizzazione di progetti fotovoltaici a terra richiede una pianificazione accurata che tenga conto di diversi aspetti: dalle autorizzazioni, legate a normative sempre più stringenti, alla scelta strategica dei luoghi per le installazioni, dalla valutazione dell'impatto ambientale alle agevolazioni e finanziamenti disponibili. La complessità dei progetti e dei processi decisionali è superiore a quella di un semplice impianto fotovoltaico. E coinvolge chi opera nel settore, le amministrazioni e anche i proprietari dei terreni, interessati magari a valorizzare i propri fondi agricoli attraverso formule come il leasing o i contratti di acquisto di energia a lungo termine.
Con questa guida esploriamo gli aspetti principali del fotovoltaico a terra, fornendo gli strumenti necessari per comprendere opportunità immediate, sfide e prospettive di un settore in forte espansione.
Il fotovoltaico a terra è un tipo di impianto in cui i pannelli fotovoltaici vengono installati direttamente sul terreno, invece che sui tetti degli edifici, come avviene per la maggior parte degli impianti residenziali e industriali. Le strutture che sostengono i pannelli, fissate al suolo e orientate per massimizzare la cattura della radiazione solare, possono presentare un solo palo centrale o due pali di supporto. Questo dipende dalla conformazione del terreno e dalle condizioni climatiche della zona. La soluzione con due pali offre maggiori garanzie di stabilità in aree spesso battute dal forte vento o soggette a eventi meteorologici avversi.
In alcuni casi, per incrementare ulteriormente il rendimento, vengono utilizzate strutture a inseguimento solare; in altre parole, i pannelli poggiano su dispositivi – i cosiddetti “inseguitori” – che seguono il movimento del sole durante la giornata, garantendo ai pannelli orientamento e inclinazione sempre perfetti.
Per quanto riguarda il funzionamento di un impianto fotovoltaico a terra, va detto che è identico a quello degli impianti su tetto: i pannelli convertono l’energia solare in corrente continua, che un inverter trasforma in corrente alternata per gli usi domestici, condominiali, aziendali o, nel caso, per l’immissione e la vendita in rete.
Anche gli impianti a terra possono essere collegati a sistemi di accumulo, batterie, per immagazzinare e usare in seguito l’energia prodotta in eccesso.
Il fotovoltaico a terra è, quindi, una soluzione particolarmente indicata quando si hanno a disposizione ampi spazi esterni o terreni dedicati, come accade in ambito agricolo o industriale. Tra l’altro, la realizzazione di impianti di grandi dimensioni consente di soddisfare i bisogni energetici ma anche di destinare parte della produzione di energia alla vendita. Tuttavia, l’installazione è soggetta a specifiche normative e vincoli urbanistici e paesaggistici, che variano in base alle dimensioni dell’impianto e alla sua localizzazione.
Vediamo più da vicino i vantaggi e gli svantaggi degli impianti di grandi dimensioni.
Vantaggi degli impianti fotovoltaici a terra
- Grande capacità produttiva: le notevoli dimensioni permettono di sfruttare al meglio, dal punto di vista energetico, ampi terreni agricoli o industriali. La produzione di energia raggiunge così livelli inavvicinabili per il fotovoltaico residenziale, con grandi prestazioni in termini di autoconsumo e con ricavi significativi dalla vendita dell’energia stessa.
- Facilità di manutenzione: sembra un paradosso, viste le dimensioni, eppure il controllo e la pulizia delle componenti risultano più semplici, perché l’intera struttura è più accessibile rispetto agli impianti su tetto.
- Posizionamento più funzionale: i pannelli possono essere orientati e inclinati in modo ottimale verso il sole fin dalla progettazione, rendendo massima la resa energetica. Infatti, mentre gli impianti su tetto, nella maggior parte dei casi, vengono installati in un secondo momento e devono quindi adattarsi alla struttura esistente, gli impianti a terra nascono da uno studio millimetrico delle condizioni iniziali.
- Benefici economici: bisogna considerare che, oltre all’autoconsumo, alla vendita di energia e agli incentivi fiscali, gli impianti a terra aprono nuove prospettive di reddito per i proprietari. Su tutte, la possibilità di affittare terreni inutilizzati.
- Sostenibilità ambientale: il contributo alla riduzione delle emissioni di CO2 e alla transizione verso fonti rinnovabili è molto importante, per le elevate capacità produttive degli impianti.
Svantaggi degli impianti fotovoltaici a terra
Come ogni tecnologia, anche il fotovoltaico a terra presenta aspetti da tenere in considerazione, quando si valuta questa scelta energetica. Conoscerli aiuta a prendere decisioni più consapevoli e a trovare le soluzioni migliori per ogni situazione.
- Consumo di suolo: gli impianti hanno bisogno di grandi superfici di terreno e possono sottrarre spazio ad attività agricole o naturali. Inoltre, l’eventuale perdita di vegetazione, a basso e alto fusto, per lasciare spazio alle strutture, può causare erosione del suolo. Una soluzione, ad esempio, può essere l’agrovoltaico, che integra produzione energetica e coltivazione negli spazi liberi tra le file di pannelli e sotto di essi.
- Impatto ambientale e paesaggistico: possono alterare il paesaggio e avere effetti negativi sulla flora e fauna locali. Proprio per l’impatto sull’habitat, vanno sempre studiate soluzioni che consentano, almeno in parte, di compensare la riduzione di biodiversità.
- Vincoli normativi: gli impianti a terra sono soggetti a stringenti regolamentazioni urbanistiche e paesaggistiche. Le limitazioni possono essere particolarmente rigorose nelle aree agricole e con valore naturalistico. Di conseguenza, l’ottenimento delle autorizzazioni può seguire un iter più articolato.
- Costi di installazione: i costi iniziali sono più elevati rispetto a quelli degli impianti su tetto, poiché è necessario preparare il terreno per la corretta installazione delle strutture di supporto.
- Cura del verde circostante: è necessaria una regolare manutenzione delle zone verdi circostanti, per evitare che la vegetazione comprometta l’efficienza dei pannelli.
In sintesi, si può dire che il fotovoltaico a terra offra grandi opportunità per la produzione energetica e la redditività. D’altra parte, comporta anche importanti sfide ambientali, normative ed economiche. Tutti aspetti che devono essere attentamente valutati prima dell’installazione.
Il quadro normativo per gli impianti a terra è strutturato su più livelli. Basti pensare che l’iter delle autorizzazioni segue le direttive europee RED1 (2009), RED2 (2018) e RED3 (2023), con l’obiettivo di favorire lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, e le successive semplificazioni introdotte dal Testo Unico Rinnovabili (D.Lgs. n. 190/25 nov 2024). A questo insieme di riferimenti vanno aggiunti eventuali deleghe regionali e il Decreto-Legge Agricoltura, convertito in legge nell’estate del 2024. Infine, vanno considerati successivi interventi e modifiche da parte dei TAR regionali. Con un quadro complessivo così articolato, vista anche la complessità dei progetti, ricorrere a professionisti del settore non solo è consigliato ma è d’obbligo.
È comunque utile evidenziare l’idea di fondo che sorregge tutta l’evoluzione normativa: bilanciare la tutela del territorio agricolo, e del patrimonio culturale e naturalistico, con gli obiettivi di transizione energetica e sviluppo delle rinnovabili.
È stato soprattutto il Decreto Agricoltura a dettare linee guida molto chiare, vietando l’installazione di nuovi impianti fotovoltaici, con moduli a terra, in tutte le aree classificate come agricole dai piani urbanistici. Il fine rimane tutelare il suolo agricolo e limitare il consumo di terreno destinato alla produzione alimentare.
Esistono eccezioni ai divieti del Decreto Agricoltura? Sì, le installazioni sono ancora autorizzate in:
- aree già occupate da impianti fotovoltaici, purché gli interventi non aumentino l’area occupata e si limitino a interventi di modifica, rifacimento o potenziamento;
- cave e miniere non più in funzione o in stato di degrado ambientale;
- discariche chiuse o ripristinate;
- siti e impianti di proprietà o gestione di Ferrovie dello Stato, gestori ferroviari e concessionarie autostradali;
- aree all’interno degli aeroporti;
- aree agricole interne a impianti industriali o stabilimenti, o adiacenti alla rete autostradale entro 300 metri, purché prive di vincoli paesaggistici o culturali.
Quali sono tutti i passaggi da considerare per la realizzazione di un impianto a terra?
Il primo passo è la scelta del terreno, con la valutazione dell’area più idonea che, nel caso di zone agricole, risponda ai criteri del Decreto Agricoltura.
Uno studio di fattibilità fornisce, poi, un quadro completo del progetto, con tutti i rischi e le opportunità: dall’analisi dell’irraggiamento solare alla facilità di accesso per il trasporto dei materiali, dai cablaggi a tutti i vincoli ambientali.
Segue la progettazione dell’impianto, che prevede, tra le altre cose, la scelta dei moduli (con orientamento e inclinazione ottimali), il tipo di sostegni, l’ancoraggio, lo spazio tra le file di pannelli, la loro altezza da terra. Queste due ultime variabili sono molto importanti in caso di agrovoltaico, poiché è in fase di progetto che si decide dove e come coltivare: se tra le file di moduli, sotto di essi oppure con una combinazione tra le due modalità.
Inizia poi la fase dell’iter autorizzativo, con l’avvio dei contatti con il Comune, la Regione, il gestore della rete e il GSE, il Gestore dei Servizi Energetici, per richiedere l’accesso agli incentivi.
La realizzazione, infine, prevede a sua volta diverse fasi: preparazione del terreno, realizzazione di opere accessorie e funzionali all’impianto, montaggio, allaccio e collaudo, monitoraggio della produzione.
La manutenzione può essere considerata un passo a sé stante; da una parte non riguarda direttamente la fase operativa della realizzazione dell’impianto, dall’altra, però, deve essere prevista e integrata in qualsiasi progetto serio. Possiamo dividere la manutenzione in due attività principali: quella dell’impianto, con pulizia dei moduli, e controllo delle componenti, e quella dell’area che ospita l’impianto, con controllo costante degli spazi e della vegetazione, al fine di mantenere alti standard di sicurezza.
Esistono diversi programmi a sostegno di chi vuole installare impianti fotovoltaici a terra. Quali sono le principali opportunità disponibili?
Per le aziende agricole
Il programma "Parco Agrisolare”, nell’ambito del PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è tra le opportunità più generose: copre fino al 90% dei costi di installazione con un budget di 1,6 miliardi di euro ed è valido fino alla fine del 2026. Possono accedervi tutte le imprese del settore agricolo e agroalimentare. L’unica condizione è che l'impianto non produca più energia di quella che serve all'azienda.
Per le comunità energetiche
Il decreto CACER, Configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell'energia rinnovabile, ha stanziato 5,7 miliardi di euro per sostenere le comunità energetiche rinnovabili. Chi partecipa può ottenere contributi fino al 40% dell'investimento, più incentivi sull'energia condivisa. Gli impianti a terra rientrano tra le possibilità previste da queste configurazioni energetiche, purché vengano sempre rispettati i vincoli urbanistici locali.
Per privati e condomini
La detrazione fiscale del 50%, Bonus Casa, rimane attiva fino alla fine del 2025 per le prime case, con un limite di spesa di 96.000 euro. Dal 2026 scenderà al 36% per le seconde case. La detrazione si recupera in 10 anni e copre anche gli impianti a terra installati su pertinenze dell’abitazione. I condomìni possono accedere al Superbonus fotovoltaico con detrazione del 65%; infatti l’impianto fotovoltaico è considerato un lavoro “trainato” che può godere della detrazione. La condizione è che sia collegato a un lavoro “trainante”, in grado cioè di migliorare l’efficienza energetica degli edifici.
Altre opzioni di finanziamento
Oltre agli incentivi pubblici, esistono finanziamenti bancari agevolati, formule di leasing e bandi regionali specifici, soprattutto per il settore agricolo e le comunità energetiche.
La normativa e le varie opportunità sono in costante aggiornamento. Per questo è sempre consigliabile monitorare tutti i bandi regionali e le comunicazioni del Ministero dell’Ambiente. Aggiornarsi frequentemente è l’unico modo per cogliere tutte le opportunità di finanziamento!
Qual è la differenza tra fotovoltaico a terra e su tetto?
Il primo utilizza aree libere sul suolo per installare i moduli orientabili, il secondo sfrutta superfici come i tetti, integrandosi all’edificio.
Quanto costa installare 1 kWp a terra?
Indicativamente l’installazione di 1 kWp, kilowatt picco (indica la potenza nominale di un impianto fotovoltaico: la potenza massima che può produrre in condizioni ottimali), può costare tra gli 800 e 1.200 euro per impianti piccoli. Per impianti più grandi si può scendere tra i 700 e i 900 euro.
Quali autorizzazioni servono per un campo fotovoltaico?
Sempre considerando la grande fluidità della normativa, si possono considerare le seguenti autorizzazioni.
- Autorizzazione Unica (AU): obbligatoria per impianti fotovoltaici a terra con potenza superiore a 50 kW (in alcune Regioni la soglia può arrivare fino a 1 MW). È rilasciata dalla Regione e comprende una valutazione complessiva di tutti gli aspetti urbanistici, ambientali e paesaggistici.
- Valutazione di Impatto Ambientale (VIA): è necessaria per impianti di grande taglia o per particolari aree, soggette a vincoli ambientali o paesaggistici. Serve a valutare gli effetti dell’impianto sul territorio e sull’ambiente circostante, suggerendo anche soluzioni per mitigarli.
- Permessi edilizi e paesaggistici: se l’impianto ricade in aree con vincoli paesaggistici o storici, è obbligatorio ottenere l’autorizzazione paesaggistica. In assenza di vincoli particolari, l’installazione può rientrare in edilizia libera o in procedura semplificata. Anche se va detto che per i campi fotovoltaici a terra di dimensioni rilevanti queste eventualità sono piuttosto rare.
- Richiesta di connessione alla rete elettrica: va presentata al gestore di rete locale (ad esempio, Terna) prima dell’avvio dei lavori.
- Comunicazioni al GSE: dopo l’installazione, per poter accedere agli incentivi e allo scambio sul posto, è necessario registrare l’impianto presso il Gestore dei Servizi Energetici (GSE).
Dove si possono installare impianti fotovoltaici a terra?
Le aree idonee comprendono:
- cave e miniere non più operative o abbandonate;
- siti dove sono già presenti impianti fotovoltaici della stessa fonte;
- aree nella disponibilità di Ferrovie dello Stato, gestori autostradali e aeroportuali; aree adiacenti alle autostrade entro 300 metri;
- aree agricole racchiuse entro 500 metri da zone industriali, artigianali, commerciali o siti di interesse nazionale;
- aree non soggette a vincoli paesaggistici o ambientali e non ricadenti in fasce di rispetto di beni tutelati.
È vietata l’installazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra su terreni agricoli, salvo che rientrino nei precedenti casi (delle aree idonee) oppure:
- siano impianti agrovoltaici, cioè sollevati da terra e/o compatibili con l’attività agricola sottostante ai moduli;
- siano ampliamenti o rifacimenti di impianti già esistenti senza aumento di superficie.
Quanto rende un impianto fotovoltaico a terra?
Il rendimento economico di un impianto fotovoltaico a terra dipende dalla taglia, dall’irraggiamento solare, dall’efficienza dei pannelli e dal modello di utilizzo, autoconsumo o vendita energia. In estrema sintesi, si può dire che un impianto da 100 kW può produrre, in media, tra 110.000 e 140.000 kWh all’anno. Tale rendimento si traduce in un guadagno annuo tra 11.000 e 14.000 euro, considerando un prezzo medio dell’energia di circa 0,10 Euro/kWh. Ovviamente le cifre sono puramente indicative.
Quanto costa un impianto fotovoltaico a terra?
Circa 1.300-1.900 euro per kW installato per impianti di qualità. I prezzi sono più bassi per impianti di grandi centrali (0,50-0,75 Euro/Wp) e più alti per impianti piccoli o residenziali (fino a 1,25-1,70 Euro/Wp).
Quali sono gli incentivi per l'installazione di impianti fotovoltaici a terra?
90% dei costi di installazione per le aziende agricole, purché non producano più energia di quella che serve alle attività aziendali; 40% di contributo a fondo perduto sull’investimento, in caso di comunità energetica rinnovabile; detrazione del 50%, Bonus Casa, per i privati, detrazione del 65%, Superbonus fotovoltaico, per i condomìni, formule di leasing.
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