Il buco dell’ozono si sta chiudendo e questa è una delle più belle notizie degli ultimi anni (Fonte: UNEP Ozone Secretariat). È una notizia importante per due motivi: per le conseguenze dirette sull’ambiente e perché rappresenta un grande successo degli sforzi internazionali per ridurre le emissioni di gas serra.
Ricordi quando il buco dell’ozono si trovava sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo? Per molti anni è stato quasi sinonimo di crisi climatica, tanto che molti fenomeni estremi erano spesso associati a esso: lo scioglimento dei ghiacciai, la siccità, le inondazioni. Grazie ai progressi scientifici, alla potenza dei mezzi con cui condividiamo le informazioni e a una diversa sensibilità ambientale, oggi sappiamo che le cause dei cambiamenti climatici sono più complesse.
Il ruolo dell’ozono rimane tuttavia fondamentale per il nostro Pianeta: essere intervenuti per preservarlo e aver registrato risultati positivi è molto incoraggiante per gli impegni che ancora ci aspettano.
Che cos’è il buco dell’ozono?
L’ozono è un gas che si trova raccolto in un sottile strato a circa 25 km di altezza. È il filtro più importante che abbiamo per difenderci dalle radiazioni ultraviolette nocive. Nelle giuste quantità le radiazioni sono fondamentali per la vita sulla Terra, per tutte le reazioni chimiche che favoriscono. Quando però alteriamo lo schermo dell’ozono, le radiazioni dannose non trovano ostacoli e possono causare diversi problemi.
Le radiazioni ultraviolette possono provocare patologie agli occhi, alla pelle e al sistema immunitario. Possono anche alterare i meccanismi della fotosintesi, e quindi la flora terrestre e tutte le forme di vita vegetale degli ecosistemi acquatici.
C’è da dire che la quantità di ozono in atmosfera non sempre è stata costante. Nella storia del nostro Pianeta ci sono state epoche in cui lo strato protettivo si accentuava, mentre in altre si assottigliava.
La stessa distribuzione dell’ozono non è omogenea intorno alla Terra; in zone come ai Poli e all’equatore infatti lo strato tende a essere più sottile. Queste variazioni sono stagionali e si registrano ogni anno; solitamente il buco si “apre” (quindi la quantità di ozono diminuisce notevolmente) nel periodo che va da agosto a ottobre, per poi “chiudersi” nella parte finale dell’anno (la quantità di ozono si alza e torna entro una soglia normale).
Sulle fluttuazioni di quantità e distribuzione influiscono diversi fattori naturali: la radiazione solare, la temperatura dell’atmosfera, la circolazione dei venti sui due Poli. Tuttavia influisce anche l’impatto delle attività umane. Come lo abbiamo scoperto?
Le cause del buco dell’ozono
Le risposte risalgono agli anni ’80, quando diversi ricercatori hanno cominciato a mostrare che lo strato di ozono sopra l’Antartide era diminuito di circa il 40%. Ben presto si è capito che la formazione del buco dell’ozono era una conseguenza della preoccupante immissione in atmosfera di sostanze inquinanti.
In particolare di gas clorofuorocarburi usati all’epoca per refrigerare i frigoriferi, gli impianti di condizionamento e come propellente per le bombolette spray. Il cloro che contenevano infatti, liberato dalla radiazione solare, distruggeva l’ozono.
Buco dell’ozono oggi, perché si sta chiudendo
La reazione della comunità internazionale è stata quasi immediata con la conseguente messa al bando dei clorofuorocarburi, grazie al Protocollo di Montreal del 1987. Da allora, nel giro di un paio di anni, l’utilizzo di questi gas si è notevolmente ridotto fino ad azzerarsi in quasi tutti i Paesi.
Gli effetti di queste scelte li apprezzeremo sempre più nei prossimi anni. Finalmente infatti abbiamo delle stime sul raggiungimento di traguardi concreti: nel 2040 in quasi tutto il mondo i livelli di ozono torneranno ai valori del 1980, anno in cui le misurazioni hanno cominciato a evidenziare il problema. Per un recupero dell’ozono anche sulle zone artiche e antartiche dovremmo invece attendere rispettivamente il 2045 e il 2066.
L’azione di concerto di governi e mondo imprenditoriale è stata determinante. Se oggi infatti stiamo riuscendo a invertire una rotta percepita come molto pericolosa, lo dobbiamo a uno sforzo congiunto tra pubblico e privato. Non a caso il Protocollo di Montreal viene considerato uno dei più grandi successi in ambito di trattati ambientali.
Le sfide non sono finite, ogni passo concreto è decisivo
I grandi risultati a difesa dell’ozono ispirano fiducia e ci rendono più consapevoli dell’importanza delle nostre azioni, quando sono immediate e concrete. E La concretezza può fare la differenza sia a livello internazionale, grazie alle decisioni delle istituzioni e dei grandi player, che a livello individuale. Tutti possiamo fare qualcosa, infatti, nel nostro piccolo e tutti i giorni per aiutare il Pianeta. Consapevolezza, volontà e azione sono le chiavi del successo. La storia dell’ozono ce lo ha insegnato.
Sappiamo bene che le sfide non sono finite, a cominciare da quelle sui cambiamenti climatici e il riscaldamento globale. La transizione energetica è uno degli strumenti più importanti per affrontarle. Come possiamo costruire allora un futuro carbon neutral? Con scelte energetiche che prevedano l’uso di fonti rinnovabili e iniziative per l’abbattimento della CO2.
In E.ON sosteniamo progetti per modificare in positivo l’ambiente come Energy4Blue, Boschi E.ON ed Odiamo gli Sprechi, perché crediamo che consapevolezza e azioni concrete si alimentino a vicenda. Ma soprattutto crediamo nel contributo di ogni persona: per questo mettiamo a disposizione di tutti la Green Community, per dare spazio a chiunque pensi che anche il singolo ha il potere di cambiare le cose. Entra anche tu nella comunità di chi vuole rendere l’Italia più verde!
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