COP28, la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, si terrà tra il 30 novembre e il 12 dicembre 2023 presso l’Expo City di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Cosa possiamo aspettarci da questo nuovo appuntamento? E quale potrà essere il ruolo di player internazionali rispetto alle strategie per contenere il riscaldamento globale e la crisi climatica?
La parola d’ordine sarà “valutazione”. Sì perché verrà presentato il primo Global Stocktake: il monitoraggio dei progressi di tutti i Paesi rispetto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015. Tra questi, il più importante rimane il contenimento dell’aumento della temperatura entro il limite di 1,5 °C fissato a COP26 di Glasgow nel 2021.
Il Global Stocktake sarà quindi una grande pagella? In realtà, più che attenderci promossi e bocciati, ci aspettiamo un documento utile per capire a che punto è il processo di riduzione dei gas serra. Quali sono stati i passi in avanti e cosa invece deve essere rivisto? A Dubai ci saranno delle risposte proprio grazie al monitoraggio, che va quindi considerato come un incentivo all’azione e al miglioramento.
Per quanto riguarda invece i player internazionali, come le aziende, l’augurio è quello di un loro coinvolgimento sempre più forte nella lotta ai cambiamenti climatici, grazie alla ricerca tecnologica e al dialogo con i consumatori.
COP27: i risultati tra presente e futuro
In attesa della nuova conferenza, quali sono stati i risultati di COP27 che si è tenuta lo scorso novembre in Egitto? L’esito più importante è stato la creazione di un Fondo per la compensazione delle perdite economiche e i danni per i paesi in via di sviluppo, i più colpiti dalle conseguenze della crisi climatica. Sono infatti soprattutto le economie agricole di questi paesi a soffrire gli eventi più estremi, come i lunghi periodi di siccità e le violente inondazioni.
Considerando che il 75% delle perdite dovute al cambiamento climatico è destinato a colpire le nazioni più povere, che d’altra parte sono responsabili soltanto del 10% delle emissioni di CO2 su scala mondiale, il fondo “Loss and Damage” rappresenta quindi per i paesi più sviluppati sia un impegno economico che un riconoscimento delle responsabilità.
È stato poi ribadito l’impegno a limitare al massimo a 1,5 °C la crescita della temperatura rispetto ai livelli preindustriali, entro la fine del secolo. Alla conferma di questo obiettivo si è accompagnata la consapevolezza di un’azione ancora inadeguata. Se infatti vogliamo contenere l’aumento entro il limite è necessario ridurre le emissioni climalteranti del 43% rispetto al 2019 ed entro il 2030.
È stata infine riconosciuta l’importanza della transizione energetica verso fonti rinnovabili, mentre tutti i paesi che ancora non hanno aggiornato gli obiettivi nazionali di decarbonizzazioni sono stati invitati a farlo entro il 2023.
Il ruolo dei player internazionali sarà decisivo
Tra le novità di COP27 va sottolineata anche una maggiore apertura nei confronti del settore privato e, più in generale, della società civile. L’auspicio è che COP28 prosegua in questa direzione. Il coinvolgimento di tutti è infatti fondamentale e il ruolo di player internazionali come le aziende può risultare decisivo per diversi motivi.
Prima di tutto perché possono trovare soluzioni mediando tra tutti gli altri attori coinvolti in questo grande processo di cambiamento: decisori, comunità scientifica, cittadini. Poi perché il ruolo del privato è sempre stato importante dal punto di vista della ricerca e sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche a basse emissioni di CO2. Infine perché possono avere un grande impatto positivo sull’ambiente, sia attraverso iniziative e progetti concreti per la sostenibilità che attraverso la sensibilizzazione dei consumatori finali.
In E.ON abbiamo messo la sostenibilità al centro della nostra mission: rendere l’Italia più verde. Una delle nostre iniziative a supporto, Energy4Blue per la salvaguardia del mare, è stata proprio presentata a COP27. A dimostrazione che la collaborazione tra pubblico e privato non è soltanto possibile, ma è alla base di un cambiamento culturale che non può più essere rimandato.
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