Esiste un modo di abitare che da tempo sta attirando interesse, soprattutto nelle aree urbane: è il cohousing, la coabitazione solidale. Si tratta di un modello abitativo che mette al centro la condivisione degli spazi e di tutti gli strumenti che garantiscono la migliore qualità della vita possibile, anche da un punto lavorativo e della gestione condominiale. La grande caratteristica del cohousing è proprio lo sfruttamento di queste risorse condivise, che siano spazi o strumenti comuni, con l’obiettivo di valorizzare un’idea di comunità, riducendo l’impatto ambientale e i costi economici.
Il cohousing, insieme al social housing, rappresenta una risposta concreta alle sfide della sostenibilità. Ma mentre quest’ultimo ha più a che fare con una dimensione etica, cioè, a una forma di giustizia sociale legata ai prezzi delle abitazioni, il cohousing ha maggiori implicazioni pratiche, come il risparmio economico. La coabitazione, infatti, è un modello che guarda fin dalla sua nascita sia alle relazioni sociali che alle attività quotidiane che è possibile svolgere grazie a servizi e aree comuni.
Cosa cambia, allora, tra cohousing e condominio? La differenza più grande è la filosofia. Mentre nel cohousing la collaborazione è centrale e la condivisione riguarda anche obiettivi e valori ispirati a una vita più sostenibile, il condominio nasce più come risposta alle sfide dell’urbanizzazione, fornendo case più economiche, rispetto a quelle indipendenti, e funzionali.
Da un punto di vista pratico, però, cohousing e condominio sono piuttosto simili. Basti pensare all’utilizzo degli spazi comuni e alla possibilità di migliorare la qualità della vita dei residenti grazie a precise scelte energetiche, come la riqualificazione termica, la condivisione di energia consentita dagli impianti fotovoltaici e l’installazione di wallbox per la ricarica dei veicoli elettrici.
Che cos’è il cohousing?
Letteralmente cohousing vuol dire coresidenza. È una forma di coabitazione che combina spazi privati, alloggi e servizi condivisi in aree comuni. E coinvolge, in genere, gruppi di residenti composti da qualche decina di famiglie, più o meno dalle 20 alle 40, a seconda dei progetti. È importante sottolineare che, oltre gli aspetti più pratici, i residenti condividono soprattutto l’obiettivo di creare una comunità grazie a relazioni personali solide e una socialità ricca di opportunità per tutti.
L’esigenza di legami, solidarietà e reti di sostegno, tra l’altro, va di pari passo con le tendenze demografiche delle famiglie, sempre più piccole, spesso monoparentali (con un solo genitore) o addirittura unipersonali (con una sola persona). Da questo punto di vista, sono i giovani e gli anziani quelli che possono trarre maggiori vantaggi dal nuovo modello abitativo. I primi perché si inseriscono in una rete dalle caratteristiche familiari, in grado di offrire strumenti anche per progetti lavorativi individuali o collettivi, come start-up, imprese innovative. I secondi perché dalla comunità possono trarre un valido supporto.
Quali possono essere, allora, gli spazi e i servizi comuni del cohousing?
- Laboratori, sale hobby, falegnamerie.
- Giardini, piccoli parchi e orti che si integrano nel verde urbano.
- Lavanderie, stirerie.
- Cucine, aree per pasti comuni o per eventi particolari (feste).
- Spazi gioco per bambini.
- Colonnine di ricarica per auto elettriche.
- Palestre, piscine.
- Aree coworking, aree free Wi-Fi (magari con punti ristoro gestiti dai residenti, come veri e propri internet café), biblioteche.
Tutti questi spazi possono venire pensati in fase di progettazione dai futuri residenti e concordati con loro. Infatti, per questo tipo di coabitazione si parla anche di progettazione partecipata.
Dove nasce il concetto di cohousing?
Il cohousing nasce in Danimarca negli anni ’60, grazie al lavoro dell’architetto Jan Gødmand Høyer, che aveva compreso le potenzialità funzionali e sociali di progetti abitativi basati sulla condivisione. Per diversi anni il fenomeno è rimasto circoscritto in Danimarca, per poi prendere piede negli anni ’70 in Scandinavia e nei Paesi Bassi.
Ormai il cohousing è diffuso in quasi tutta Europa, negli Stati Uniti e in Australia. Anche paesi come quelli mediterranei, tra cui il nostro, hanno accolto con favore il nuovo modello abitativo. Anzi, c’è da dire che per cultura, abitudini e clima l’area del Mediterraneo si è rivelata particolarmente ricettiva verso la coabitazione solidale.
I vantaggi del cohousing
Tutti i vantaggi del cohousing possono essere sintetizzati con un solo grande concetto, sostenibilità, che si concretizza in tre ambiti tra loro collegati!
Sostenibilità ambientale
Tutti i progetti prevedono ormai l’utilizzo di energia rinnovabile, il ricorso a materiali sostenibili per la massima efficienza energetica, il riuso, il riciclo, la raccolta differenziata e la diffusione di una mobilità green, attraverso wallbox, bike sharing, car sharing.
Sostenibilità sociale
L’idea di comunità trova la sua realizzazione in un modello inclusivo e multigenerazionale, in cui prevalgono la collaborazione, la solidarietà, il supporto reciproco e la gestione partecipativa.
Sostenibilità economica
Dai vantaggi ambientali per l’efficienza energetica, il riuso, il riutilizzo e il riciclo derivano anche quelli economici, in termini di risparmio; a questi vanno aggiunti i benefici in bolletta per l’autoproduzione di energia, grazie al fotovoltaico. Ma più in generale è la stessa condivisione a offrire molteplici vantaggi economici: dalla gestione dei bambini a quella degli spazi di lavoro, dalla possibilità di utilizzare strumenti senza acquistarli (ad esempio, trapani, saldatori, ecc.) all’uso di mezzi di trasporto comuni. Da sottolineare anche l’uso di tutti quegli strumenti tipici dei coworking: postazioni con Wi-Fi ad alta velocità, sale per riunioni o workshop, proiettori, schermi, lavagne, stampanti.
Il cohousing in Italia: gli esempi virtuosi di coabitazione
In Italia il cohousing ha cominciato a diffondersi anche grazie alla spinta rappresentata dai bisogni delle persone più anziane. Spesso si arriva alla terza età in buona salute, autosufficienti ma poco inseriti in reti di supporto o sostegno. La coabitazione solidale offre una risposta molto efficace a questi bisogni. Ovviamente la diffusione non è dipesa solo da progetti pensati per la terza età, ma anche dalla necessità, sempre più sentita, di coniugare socialità, risparmio e cura per l’ambiente. Una necessità che coinvolge tutte le fasce d’età e che per i giovani può rivelarsi un’opportunità; quella di combinare sensibilità ambientale, nuovi stili di vita e nuovi percorsi professionali, soprattutto nelle fasi iniziali, quando la capacità di spesa o investimento è ancora bassa.
Tra le decine di esempi già affermati o in fase di progettazione, possiamo ricordarne un paio, molto importanti perché indicano ulteriori strade per il cohousing: la riqualificazione edilizia e il rapporto “esterno” col territorio.
Numero Zero, un nuovo modo di essere condominio
Il progetto Numero Zero, a Porta Palazzo a Torino, è tra i più antichi in Italia. Otto famiglie condividono lavanderia, giardino, attrezzature, Wi-Fi condominiale, cucina, sala multiuso. Nato grazie alla riqualificazione energetica di un edificio dell’800, a dimostrazione che non sempre è necessario costruire da zero un complesso edilizio pensato per il cohousing. La coabitazione, infatti, può essere un’idea trainante per progetti di riqualificazione urbana, senza ulteriore consumo del suolo!
Il Giardino dei Folli, per una vita più sostenibile
Il Giardino dei Folli, a Bologna, punta su “rifiuti zero”, mobilità sostenibile, fonti rinnovabili, produzione agricola, architettura ecocompatibile e, in generale, una nuova idea di comunità. Inoltre, lavora da anni in una direzione specifica: dialogare e interagire il più possibile col territorio circostante, in uno scambio reciproco di beni, prodotti ed esperienze. A dimostrazione, in questo caso, che il cohousing non è un’esperienza che rischia di chiudere in sé stessa una comunità; anzi, può renderla più ricca e, di conseguenza, arricchire il territorio che la ospita, sia esso un quartiere cittadino o un’area extra urbana.
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