La plastica è uno dei principali responsabili dell’aumento del riscaldamento globale, nonché dell’inquinamento marino e ambientale. Negli ultimi 50 anni la produzione di materiali plastici è aumentata vertiginosamente: nel 1988 venivano prodotti, a livello globale, 30 milioni di tonnellate di plastica, mentre nel 2016 è stata raggiunta la cifra record di 335 milioni di tonnellate. Purtroppo, al mondo non esistono aree che non siano state contaminate e inquinate dalla plastica. Una singola bottiglietta di plastica può infatti rimanere negli oceani anche per 400 anni prima di decomporsi. È quindi evidente che l’inquinamento marino sia diffuso in qualsiasi parte del pianeta. A che punto è arrivato l’inquinamento da plastica? E quali possono essere delle soluzioni vincenti per contrastarlo?
Secondo dati riportati dal Servizio di Ricerca del Parlamento Europeo EPRS, negli oceani sono presenti più di 150 milioni di tonnellate di plastica. È stato stimato poi che, ogni anno, l’inquinamento marino venga alimentato da una quantità compresa fra 4,8 e 12,7 milioni di tonnellate di plastica che finiscono nei mari. Un prospetto futuro poi, evidenzia come entro il 2050 il peso delle plastiche presenti negli oceani sarà superiore rispetto a quello dei pesci.
I rifiuti di plastica che più frequentemente vengono trovati sulle spiagge (ma anche all’interno di boschi) sono:
- bottiglie e tappi;
- mozziconi di sigaretta;
- cotton fioc;
- pacchetti di patatine, carte di caramella;
- assorbenti igienici;
- buste di plastica;
- posate e cannucce;
- coperchi di bibite e tazze;
- palloncini;
- contenitori di cibo.
Ma che cosa provocano tutti questi prodotti a livello di inquinamento marino e ambientale? La fauna marina subisce seri danni a causa dell’inquinamento da plastica: gli animali corrono infatti il rischio di rimanere impigliati o ingerire i prodotti plastici. Vi è poi un degrado dell’habitat marino e un’esposizione alle sostanze chimiche della plastica: quest’ultimo punto influisce anche sulla salute umana, tali sostanze chimiche entrano infatti in circolo anche nella catena alimentare, provocando danni sulla salute.
A livello economico il costo stimato dei rifiuti marini è fra i 259 e i 695 milioni di euro, a sfavore dei settori turistico e ittico.
La produzione della plastica ha poi comportato un grande dispendio anche in termini energetici, e il fatto che questo materiale non venga riciclato ma abbandonato nell’ambiente produce un ulteriore effort, comportando sempre nuova produzione. Se infatti la plastica venisse correttamente e costantemente riciclata si darebbe vita a un circolo virtuoso, tra risparmio energetico e diminuzione dell’inquinamento ambientale.
Il riciclo di bottiglie di plastica e la diffusione dei contenitori per la raccolta differenziata possono sicuramente influire positivamente sulla diminuzione dell’inquinamento da plastica. Fare attenzione al riciclo aiuta non solo i mari, ma permette di rendere anche l’aria più pulita: riciclare 1 milione di tonnellate di plastica equivale, in termini di CO2 emessa, a eliminare 1 milione di auto dalle strade.
A livello europeo si sta già da tempo pensando a soluzioni che possano arginare il fenomeno dell’inquinamento da plastica. L’ultima decisione in ordine di tempo risale al 24 ottobre: in tale data, infatti, il Parlamento europeo ha votato a favore di nuove regole per arginare il problema dei prodotti di plastica monouso e degli attrezzi di pesca perduti in mare, che compongono il 70% di tutti i rifiuti marini. Il Parlamento europeo ha approvato il divieto totale dell’utilizzo di oggetti di plastica monouso, per cui esiste sul mercato già una versione alternativa biodegradabile e sostenibile. In Italia nel gennaio 2018, in ottemperanza della Normativa europea del 2015, è stata stabilita la sostituzione dei sacchetti di plastica usati per imbustare frutta e verdura sfuse con sacchetti biodegradabili e compostabili. Ma non solo: l’Europa ha varato anche una serie di misure per ridurre i consumi di contenitori di alimenti del 25% entro il 2025, e del 50% per i filtri di sigaretta che contengono plastica.
Fra le proposte anche l’obiettivo di raggiungere entro il 2025 la raccolta del 90% delle bottiglie di plastica e l’obbligo di etichettatura per gli assorbenti igienici, le salviettine umidificate e i palloncini, in modo che gli utenti sappiano come smaltirli correttamente, il tutto corredato da un’attività di sensibilizzazione che porti sempre di più i cittadini verso il riciclo delle bottiglie di plastica e l’utilizzo di contenitori per la raccolta differenziata. Gli stati membri devono poi anche impegnarsi a raccogliere ogni anno almeno il 50% del materiale da pesca e riciclarne almeno il 15% entro il 2025.
A livello internazionale, esempi virtuosi per ridurre l’inquinamento da plastica vengono da Paesi quali la Cina e la Turchia. A Pechino, nel 2014, nelle stazioni degli autobus e a bordo dei mezzi sono stati installati dei cassonetti per convertire la plastica in biglietti: i ricavi di questa attività vengono utilizzati per la manutenzione delle vetture, e per la creazione di nuovi spazi verdi in città. In Turchia invece, e in particolare a Istanbul, sono stati installati dei contenitori per la raccolta differenziata e il recupero dei rifiuti che assegnano un valore a ogni oggetto inserito: al cittadino viene quindi restituito un compenso economico sulla base dell’oggetto che ricicla.
Ridurre l’inquinamento ambientale e lo spreco di energia sono elementi fondamentali per contrastare i cambiamenti climatici, tema sempre più caro ai cittadini italiani ed europei: il riscaldamento atmosferico risulta essere, da una ricerca recentemente condotta, il problema globale che preoccupa maggiormente gli italiani, col 33% che lo identifica come principale minaccia per la società, e dall’inquinamento (26,3%).
In questo senso, la conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite, l’evento Cop24, che si terrà tra il 4 e il 13 dicembre a Katowice, si attesta come momento fondamentale di riflessione e sensibilizzazione. Scopo della conferenza è la definizione delle regole di attuazione dell’accordo di Parigi del 2015, per rallentare il cambiamento climatico globale e stilare un libro guida.